mercoledì 29 aprile 2020

Step #11: l'importanza dell'igiene nella lotta al COVID-19

Fin dal primo giorno dell'esplosione della pandemia COVID-19, e in particolare da quando sono stati accertati i primi casi di contagio anche in Italia, una delle prime raccomandazioni del nostro governo insieme all'istituto superiore della sanità per prevenire la diffusione del virus è stata quella di lavarsi frequentemente e in modo corretto le mani. 
Siamo stati infatti bombardati attraverso ogni mezzo possibile di diffusione dell'informazione, dagli spot pubblicitari alle pagine dei giornali, da messaggi che sottolineavano l'importanza del lavarsi le mani spesso e bene. E' stato anche caldamente consigliato l'uso dell'amuchina, che nel giro di pochi giorni è diventata difficilissima da reperire a causa della grandissima richiesta.Un primo esempio di spot pubblicitario di questo genere l'abbiamo già visto all'interno di questo blog nel post riguardante la presenza del verbo pulire nella pubblicità



Ecco un altro esempio di spot pubblicitario dove viene caldamente consigliato un frequente lavaggio delle mani ai fine della prevenzione 




Questa invece è un'immagine-tutorial fornita dal Ministero della Salute sul corretto lavaggio delle mani




Ma come mai è così importante lavarsi le mani ?

"Le mani, destinate a tutti i contatti normali che si generano in una giornata standard, sono un ricettacolo di germi. «Impossibile quantificare quanti microrganismi transitino su di esse, ma è risaputo che siano un veicolo intermedio per moltissime patologie», spiega il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli studi di Milano e direttore sanitario dell'IRCCS Galeazzi. «Una quota rilevante è di batteri non patogeni: è naturale e normale che ci sia una contaminazione batterica sulle mani come su tutta la nostra cute. Ma il contatto con superfici infette porta anche virus e microrganismi patogeni, che possono replicarsi e sopravvivere sulle mani. Il COVID-19 pare riuscire a resistere alcune ore, con una riduzione nel tempo della carica virale - e quindi del rischio».
La nostra pelle è uno scudo molto efficace, ma il problema è il contatto delle nostre mani con le mucose, "porte d'accesso" al nostro organismo. «Per questo si consiglia di non toccare naso, bocca e occhi. Mucose e cornea hanno una capacità protettiva molto inferiore rispetto alla cute», spiega l'esperto. Uno studio del 2015, condotto dall'équipe di epidemiologia e controllo delle malattie infettive all'Università del New South Wales a Sydney, Australia, ha documentato il numero allarmante di volte in cui tocchiamo la nostra faccia. In media, 23 volte all'ora. Il 45% del contatto riguarda occhi, naso o bocca, proprio le aree d'ingresso più comode per virus & co."

Il virgolettato soprastante è stato interamente ripreso dal sito: 

Per maggiori approfondimenti sull'argomento cliccare al seguente link,dove troviamo, tra le altre informazioni, un chiaro ed esaustivo video con i consigli della protezione civile:

venerdì 24 aprile 2020

Step #10: Joy, la cenerentola che inventò il mocio

Joy è un film del 2015 scritto e diretto da David O. Russell con protagonisti Robert De Niro, Bradley Cooper e Jennifer Lawrence, la cui partecipazione al cast le valse il premio Golden Globe come Migliore attrice in un film commedia o musicale.Esso tratta la storia vera di Joy Mangano
"C’era una volta, in un paese lontano, una fanciulla che passava le sue giornate a pulire la casa dove abitava. Giornate interminabili, piegata sul pavimento a sgobbare, comandata a bacchetta dalla madre e dalla perfida sorellastra. Però si sa, “i sogni son desideri di felicità […] chissà se un giorno la sorte non ti arriderà”. Così, come nella celebre fiaba Disney anche la giovane Joy Mangano (interpretata da Jennifer Lawrence) protagonista del film “Joy” realizzerà i suoi sogni diventando ricca e famosa. A differenza di Cenerentola, però, i sogni non si realizzeranno incontrando il principe azzurro ma grazie a una invenzione geniale, quella del celebre scopettone mocio."
Il virgolettato soprastante è stato ripreso integralmente dal sito https://www.manageritalia.it/it/attualita/film-joy.

In questo estratto del film, in particolare a partire dal 48' secondo, appare evidente la centralità dell'azione pulente da parte della protagonista, impegnata a pubblicizzare il mocio di sua invenzione:



Per i lettori più curiosi al seguente  link: ://youtu.be/tghsiQO6_rE è disponibile un estratto originale di una televendita di Joy Mangano dove pubblicizza la sua invenzione.


Riferimenti bibliografici:

mercoledì 22 aprile 2020

Step #09: la pulizia nelle arti figurative

Dopo aver constatato la presenza del verbo pulire all'interno della poetica ora andremo alla ricerca della sua presenza anche nel mondo delle arti figurative, e lo faremo osservando due quadri in particolare: "Donna con una scopa" di Vincent van Gogh e "Lavanda dei piedi " del Tintoretto.


DONNA CON UNA SCOPA

Donna con una scopa, Vincent van Gogh
realizzato nel 1885
conservato al Kröller-Müller Museum, Otterlo, Nederland

Rappresentazione di una donna di ceto sociale basso intenta a spazzare per terra con l'ausilio di una scopa.Tale scelta del soggetto non ci deve sorprendere in quanto questo quadro appartiene al periodo artistico "olandese" di van Gogh, dove l'artista risente molto del ricordo, ancora vivo in lui, dell’esperienza del Borinage, quando egli viveva nel quotidiano contatto con la miseria fisica e morale.



LAVANDA DEI PIEDI

Lavanda dei piedi, Tintoretto 
realizzato nel 1549
conservato al Museo del Prado, Madrid, Spagna

Questo quadro mostra un episodio del Nuovo Testamento (Giovanni 13, 1-20) dove Cristo in segno ed esempio di umiltà, pulisce uno ad uno i piedi degli apostoli.In particolare il Tintoretto ha scelto di mostrarci l'istante in cui sta lavando i piedi di Pietro, mentre un altro compagno lo aiuta versandogli dell'acqua. Sulla sinistra possiamo osservare altri apostoli che si stanno preparando e al centro,seduti al tavolo, coloro che hanno già ricevuto il trattamento.


Riferimenti bibliografici:

lunedì 20 aprile 2020

Step #08: la nascita e l'evoluzione dei sistemi fognari nell'antichità

Per fognatura si intende il sistema di canalizzazioni, generalmente ubicate sotto terra, per la raccolta e lo smaltimento lontano da insediamenti civili e/o produttivi di acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.) e di acque reflue provenienti dalle attività umane in generale.Il loro sviluppo è stato di fondamentale importanza per il mantenimento di un adeguato livello di pulizia e di igiene all'interno dei centri abitati, lo smaltimento dei reflui è infatti un problema della massima importanza soprattutto a causa dei miliardi di germi, molti dei quali possono essere causa di gravi malattie, contenuti all'interno delle deiezioni. la loro realizzazione ha segnato un importante passo avanti per la società umana e ha rappresentato un grandissimo esempio di ingegneria idraulico-sanitaria. 
Le prime testimonianze storiche di fognature risalgono ad un periodo compreso tra il 2500 e il 2000 a.C. circa e sono state trovate a Mohenjo-daro, nell'attuale Pakistan,ma le fognature antiche più efficienti furono indubbiamente quelle di Roma: il migliore esempio di sistema fognario nel mondo antico è infatti la Cloaca Massima, realizzata a Roma nel VI secolo a.C. sotto l'impero di Tarquinio Prisco , ed è proprio quest'ultima che prenderemo in esame per studiare la tecnologia che vi è dietro la realizzazione di un sistema fognario.
Gli Etruschi iniziarono il risanamento di alcune aree malariche per mezzo di canali di drenaggio, che favorivano lo scolo delle acque stagnanti, e di cunicoli di lastre di piombo bucherellate per filtrare e depurare l’acqua.I romani ripresero e svilupparono ulteriormente queste tecnologie iniziando la costruzione della Cloaca Massima.Essa nacque con l'obbiettivo di ripulire Roma dai profondi ed insalubri acquitrini che la circondavano facendoli defluire verso il fiume Tevere. Sebbene Tito Livio la descrivesse come scavata nel sottosuolo della città, scrivendo tuttavia molto tempo dopo la sua costruzione, dalle notizie di altre fonti antiche e dal percorso seguito si ritiene che in origine si trattasse per lo più di un doppio canale a cielo aperto diviso da un muro di spina che raccoglieva le acque dei corsi d'acqua naturali che scendevano dalle colline, drenando la pianura del Foro Romano e il Velabro per riversarle poi nel fiume Tevere. In seguito venne ricoperta per ampliare lo spazio del centro cittadino, usando le tecniche ingegneristiche apprese dagli etruschi degli archi a volta che rendevano le strutture più solide e in grado di durare nel tempo.Percorrendola dalla Suburra al Velabro possiamo ammirare una straordinaria varietà di opere murarie, che testimoniano dei lavori di estensione , di modifica e restauro del manufatto nei secoli che vanno dall’età regia all’abbandono della zona forense in età tardo antica. Possiamo vedere cambiamenti di tecniche stili e materiali in funzione delle necessità, delle modifiche degli spazi monumentali sovrastanti, delle necessità statiche, delle possibilità economiche dei costruttori.Scoperta decisiva fu quella del cemento,opus caementicium: un impasto di calce acqua e sabbia che veniva colato all'interno di casse di legno per ottenere le strutture portanti. La Cloaca Massima fu costruita così solidamente e con tale lungimiranza che fu utilizzata dai romani per oltre 2500 anni. E’ alta circa 3 metri e larga altrettanto; scorre a circa 12 metri sotto il livello attuale; una parte della cloaca, all’altezza della Torre dei Conti, è tuttora funzionante.

Video tratto dal documentario citta segrete di history channel



Percorso della cloaca


Riferimenti bibliografici:

venerdì 17 aprile 2020

Step #07: il verbo pulire all'interno della poetica

L'accostamento di una parola rappresentante un'azione apparentemente così dozzinale,portatrice di alcun particolare valore,come pulire, con un termine,poesia,al contrario carico di nobiltà potrebbe stridere ai più.Come in equal misura potrebbe portare allo stesso effetto accostare due termini come quotidianità ed eroismo.Io sono dell'idea invece che riuscire a portare a termine gli impegni quotidiani senza arrendersi allo stillicidio della ripetizione richieda la stessa forza richiesta al soldato in trincea per salvarsi la vita, per rimanere svegli e mantenere alta la guardia. Semplicemente si tratta di affrontare due battaglie diverse. E così come la quotidianità merita di poter essere accostata al termine eroismo, anche un'azione come quella del pulire, che vede nella quotidianità una delle sue prime caratteristiche, merita a parer mio di poter far parte di un testo poetico. 
E a giudicare dalle poesie che sto per presentarvi direi di non essere l'unico a pensarla in questo modo...Buona lettura!

La prima poesia si intitola
"lo spazzino" ed è stata scritta dal poeta italiano Gianni Rodari, unico vincitore italiano del prestigioso Premio Hans Christian Andersen nel 1970.Essa non contiene esplicitamente il verbo pulire all'interno dei suoi versi, ma la centralità dell'azione tecnica al suo interno appare evidente. 


lo sono quello che scopa e spazza
con lo scopino e con la ramazza:
carta straccia, vecchie latte,
bucce secche, giornali, ciabatte,
mozziconi di sigaretta,
tutto finisce nella carretta.
Scopo scopo tutto l’anno,
quando son vecchio sapete che fanno?
Senza scopa, che è, che non è,
scopano via pure me.


La seconda poesia che sto per presentarvi è stata scritta dal poeta Giovanni Battista Marini e si intitola "vento d'autunno".Tratta il tema dell'arrivo dell'autunno visto, anche in questo caso, dal punto di vista di uno spazzino.


Oh, ma che fretta, signor spazzino,
con quella scopa sembri un mulino!
Tutte le strade devo pulire,
perchè la neve possa venire”.
Col cappuccio bianco e pulito
non vuole macchie sul suo vestito.
Povere foglie! Dopo il lavoro
ad una ad una, vanno anche loro
ma sulla terra sfiorita e nera
preparan già la primavera!



L'ultima poesia del post si intitola "la donna vuota" ed è stata realizzata da Gwendolyn Elizabeth Brooks , la prima afroamericana a vincere il Premio Pulitzer per la poesia. In questa l'azione del pulire non è centrale come lo era nelle prime due, ma è interessante osservare l'utilizzo del verbo anche in una poesia in lingua inglese, per questo a seguire al testo in italiano vi sarà anche il testo in lingua originale.


La donna vuota offriva giocattoli!
In casa le sue sorelle
Avevano bambini e bambine.
La donna vuota indossava cappelli.
Con piume. Pettini imperlati
In chiome ondulate. Corteggiava gatti
E piccioni. Faceva la spesa.
Con diligenza acquistava balocchi per
Nipotini e nipotine. E caramelle,
Preparava il popcorn e odiava le sorelle, non
Avevano né piume né permanenti ma sapevano
Guarire il vaiolo, pulire nasi, svuotare vesciche
Sapevano ignorare ogni giorno le pettegole
E quei ragazzi soldati, e tutto il giorno
Dicevano “Dio mio!” – stanche di permanenti
E di gambe grosse e di muscoli esposti e di
Sacchi da scuola anneriti e di babushke e di
Calze bucate, e di parrucche splendenti e boriose.


In lingua originale:


The Empty Woman
The empty woman took toys!

In her sisters’ homes

Were little girls and boys.
The empty woman had hats
To show. With feathers. Wore combs
In polished waves. Wooed cats
And pigeons. Shopped.
Shopped hard for nephew-toys,
Niece-toys. Made taffy. Popped
Popcorn and hated her sisters,
Featherless and waveless but able to
Mend measles, nag noses, blast blisters
And all day waste wordful girls
And war-boys, and all day
Say “Oh God!” – and tire among curls
And plump legs and proud muscle
And blackened school-bags, babushkas, torn socks,
And bouffants that bustle, and rustle.



Per facilitare e velocizzare la comprensione del post mi sono permesso di evidenziare, in tutte le poesie, l'uso del verbo pulire o dei termini da esso derivanti. 


Riferimenti bibliografici:

giovedì 16 aprile 2020

Step #06: la magia della pulizia

Viaggiando tra i ricordi più vivi delle mie letture passate e guardando curioso ai titoli presenti nelle librerie sparse per casa, il primo riferimento all'azione pratica del pulire mi è venuto in mente, presentandosi a me tramite un vero e proprio flashback, incrociando lo sguardo del libro "Harry Potter e i doni della morte". Mi riferisco in particolare a un incantesimo rimastomi impresso, probabilmente a causa della sua diversità dalla maggior parte degli incantesimi più famosi, lanciato da Ron,un amico del protagonista, che si evoca pronunciando la parola "tergeo".Esso infatti è un incantesimo in grado di pulire e lucidare qualsiasi materiale ,di pulire abiti,stanze e qualsiasi cosa venga sporcata. 
In particolare il mio flashback si riferiva a questo paragrafo del libro: 

"Ma in un gran cigolio di molle rugginose Ron balzò su dal proprio letto e arrivò per primo. Con un braccio attorno alle spalle di Hermione, frugò nella tasca dei jeans e ne trasse un disgustoso fazzoletto che aveva usato poco prima per ripulire il forno. Sfoderò la bacchetta, la puntò sullo straccio e mormorò: «Tergeo»."
Paragrafo ripreso interamente dal libro "Harry Potter e i doni della morte, cap 6"

Aiutandomi con google sono andato a cercare se vi fossero anche altri riferimenti a questo incantesimo all'interno dello stesso o degli altri libri della saga,trovandone altri due:

"L'ultima candela che Harry individuò stava in mezzo a molte fotografie, sopra un cassettone panciuto. Quando la fiamma prese vita, il suo riflesso danzò sui vetri polverosi e sulle cornici d'argento. Harry scorse piccoli movimenti nelle foto. Mentre Bathilda armeggiava con la legna davanti al camino, lui borbottò: «Tergeo». La polvere svanì e Harry si accorse subito che alcune delle comici più grandi e decorate erano vuote. Si chiese se era stata Bathilda o qualcun altro a togliere le immagini. Poi una foto sul fondo attirò la sua attenzione e lui la afferrò."
Paragrafo ripreso interamente dal libro "Harry Potter e i doni della morte, cap 17"

"Levò la bacchetta, disse: «Tergeo!»e aspirò il sangue secco."
Paragrafo ripreso interamente dal libro "Harry Potter e il principe mezzosangue, cap 8"

copertina del libro "Harry Potter e i doni della morte"

Riferimenti bibliografici:

lunedì 13 aprile 2020

Step #05: PU..lire..BBLICITA'

L'azione del pulire riveste un ruolo di primaria importanza all'interno della nostra società, fa parte della nostra quotidianità e non ci deve sorprendere che ciò si rifletta anche nel mondo pubblicitario, in quanto quest'ultimo può essere visto come una sorta di cartina torna sole delle attività, dei prodotti maggiormente caratterizzanti la nostra epoca.
La gran parte delle pubblicità che contiene il verbo pulire fa riferimento al significato più immediato della parola, quello della rimozione, del lavaggio e ci troveremo dunque di fronte a prodotti quali detersivi, aspirapolveri che aiutino a mantenere la nostra abitazione o i nostri capi il più puliti possibile.Ma non solo, diverse pubblicità infatti ricorrono anche ad altri significati ad esso attribuibili,
andiamo a scoprire quali con qualche esempio!
Prima di cominciare però penso sia doveroso dedicare una particolare menzione al primo slogan pubblicitario che andremo a vedere, perchè riflette un tema mai come oggi a noi così caro: L'importanza di una frequente e corretta pulizia delle mani per la prevenzione al Coronavirus.
Lo spot in questione è stato realizzato dalla Pampers ed è pensato per un pubblico di età molto bassa, si rivolge infatti ai bambini e consiste in una sorta di filastrocca dove l'obbiettivo è proprio quello di insegnare un corretto lavaggio delle mani nella maniera meno pesante possibile.E' stato proprio questo che mi ha convinto ad inserirlo nel blog a discapito di altri slogan con lo stesso messaggio, perchè ritengo che mai come in questo momento sia indispensabile, per trovare le energie necessarie ad uscire da questa situazione, guardare fiduciosi e pieni di speranza al futuro, proprio come dagli occhi di un bambino.



Di seguito il link allo spot completo: https://youtu.be/ZwKHozJOd_E


Slogan pubblicitario di Mastrolindo, prodotto per la pulizia della casa
spot completo al link: https://youtu.be/bRM8Nl1UsiQ


Slogan dedicato alla promozione della giornata del fair play


Slogan dedicato alle energie rinnovabili


Riferimenti bibliografici:

giovedì 9 aprile 2020

Step #04: la pulizia nella mitologia

Come è possibile constatare leggendo,tra gli altri, il post numero due il concetto di pulizia,intesa sia come mera rimozione dello sporco che in modo più figurativo come processo interiore di purificazione, oppure come mancanza di sbavature nello svolgere un'azione, ha sempre accompagnato l'uomo sin dai tempi antichi all'interno della sua quotidianità. Non ci sorprenderà dunque scoprire come la mitologia stessa sia ricca di riferimenti all'azione del pulire, dal momento che da sempre è stata il riflesso delle tradizioni culturali di un'epoca e delle abitudini delle sue civiltà.
Andiamo allora a scoprire insieme qualche esempio, nel quale l'azione del pulire ricopra un ruolo di primo piano all'interno del mito stesso.

MITOLOGIA GRECA
All'interno della mitologia greca il riferimento più immediato che possiamo trovare è probabilmente quello alle dodici fatiche di Ercole ed in particolare ad una di esse: la pulizia delle stalle di Augia, re dell'Elide.
Ercole,o Eracle, è una figura molto importante all'interno del corpus mitologico dell'Antica Grecia.Egli era figlio della regina Alcmena e di Zeus, il padre di tutti gli Dei. In realtà Alcmena non era sposata con quest'ultimo bensì con il re Anfitrione,ma pur di giacere con la donna Zeus prese le sembianze del marito e la sedusse. Dalla loro unione nacque appunto Eracle, che però incorse fin dalla sua nascita nell'odio di Era,la vera sposa di Zeus, che vedeva nel bambino la prova dell'infedeltà del suo.Ed è Proprio da un suo crudele dispetto che ebbe origine l'impresa delle Dodici Fatiche di Ercole.
Un giorno infatti la dea fece cogliere l'eroe da un attacco di follia e questi uccise moglie e figli. Una volta riacquistato il senno, Ercole disperato decise di recarsi dall'Oracolo di Delfi dove la Pizia, la sacerdotessa che parlava per bocca delle divinità, gli avrebbe rivelato un modo per espiare il suo terribile peccato.
L'oracolo comandò così all'uomo di mettersi al servizio del re di Tirinto e Micene, Euristeo, un uomo avido ma non molto intelligente. Questo Euristeo mandò Ercole a compiere le 12 Fatiche.

La quinta di esse fu proprio quella di pulire le immense stalle di Augia, il re dell'Elide. Egli era ricchissimo non che molto potente e possedeva ben tremila buoi, ma era tanto avaro che pur di non spendere non faceva ripulire da più di trent'anni le sue stalle. Appena la notizia arrivò alle orecchie di Euristeo, il suo pensiero corse subito ad Ercole, ordinandogli di ripulire in un giorno solo le sporchissime stalle. In così poco tempo era impossibile trasportare fuori tutto il letame e ripulirle per bene allora Ercole pensò di deviare il fiume Alfeo, così che le sue acque potessero trascinare via lo strato denso di letame.In tal modo riuscì nell'impresa.

Ercole e le stalle di Augia


Evidente è il riferimento all'azione del pulire nel momento  della rimozione del letame all'interno delle stalle, ma non solo.Anche le 12 fatiche assegnate ad Ercole, nel loro complesso, possono essere considerate come un'azione di pulizia.Esse possono essere infatti viste come un processo di espiazione dei peccati e dunque di pulizia dell'anima.



MITOLOGIA ROMANA
La figura più importante per quanto concerne la pulizia all'interno della mitologia romana è indubbiamente quella della dea Cloacina, protettrice della Cloaca Massima, la parte più antica ed importante del sistema fognario romano.Essa secondo la mitologia romana presidia e fa funzionare gli impianti sanitari,quelli che concretamente permettono di evitare le contaminazioni dovute allo sporco. Cloacina ha un'origine etrusca, infatti la costruzione della Cloaca Massima è iniziata e terminata sotto il regno di due re etruschi (Lucio Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo), tant'è che per i romani diventerà addirittura Venere Cloacina.
Nei pressi della basilica Emilia sorgeva il Sacello di Venere Cloacina, un tempio circolare dedicato proprio a quest'ultima, del quale oggi resta solo un basamento circolare in marmo. Le fonti tramandano che qui avvenissero le antiche cerimonie di purificazione dell'esercito romano e in particolare che tale luogo fu scenario di un importante avvenimento legato ai miti delle origini di Roma: la purificazione, la pulizia dell'anima dagli orrori della guerra da parte dell'esercito romano e sabino dopo la guerra per il ratto delle Sabine,immergendo le armi insieme a dei rami di mirto nell'acqua.

Disposizione originaria del Sacello di Venere Cloacina

giovedì 2 aprile 2020

Step #02:storia del make up e della pulizia del corpo nell'antica Roma

Nei post precedenti abbiamo constatato come il verbo "pulire" derivi dalla lingua latina e come in origine il suo significato fosse maggiormente vicino al concetto di levigare,lisciare,rendere luminoso.
In particolare nell'antica Roma, dove la lingua madre era proprio il latino, questo verbo era associato principalmente a due contesti tra loro differenti: alla cura del corpo e della pelle in primis e alla metallurgia, ed è proprio sul primo dei due che verterà la nostra storia.
infatti i servizi igienici dell'antica Roma sono sempre stati considerati un esempio di pulizia e simboli di una civiltà moderna, avente particolarmente a cuore le esigenze dei cittadini.Non si parla solo di bisogni pratici, ma anche di piaceri: i vespasiani, i bagni pubblici, gli acquedotti e le terme su tutti. Portatore di questa cultura della cura del corpo in epoca romana è sempre stato soprattutto il sesso femminile, la storia è ricca di testimonianze di donne bellissime e seducenti capaci di attirare uomini di potere grazie ai loro segreti di bellezza; Cleopatra, Messalina, Poppea sono solo alcune di queste donne famose. Scopriamo allora anche noi qualche segreto di bellezza che le fonti ci hanno tramandato!
Quali erano i trucchi per un aspetto fresco e solare sin dalle prime ore del mattino? Facendo viaggiare un po' la fantasia e riferendoci alle fonti a nostra disposizione possiamo immaginare come nell’antica Roma le donne aristocratiche avessero un vero e proprio team di truccatrici e parrucchiere a loro disposizione con l'obiettivo di prepararle ad affrontare la giornata: dall’abbigliamento, alla pulizia del viso, al trucco  fino all’acconciatura, il tutto seguendo, perché no, la moda del momento, proprio come le moderne madame.Caratteristiche dell'epoca erano infatti creme, maschere di bellezza,pratiche depilatorie, cura dell'acconciatura e make-up.Come potete intuire però al tempo non vi erano le conoscenze e le tecnologie attuali,ed è curioso come talvolta ricorressero ad espedienti che non sempre il mondo maschile apprezzava,come testimoniano ad esempio queste righe estratte dall'Ars Amatoria di Ovidio:“Ma che l’amante non vi colga mai con i vasetti delle vostre creme. L’arte che vi fa belle sia segreta. Chi non vi schiferebbe nel vedervi la faccia cosparsa per tutto il viso, quando vi scorre e sgocciola pesante tra i due tiepidi seni? E che fetore l’esipo emana, rozza spremitura del vello immondo di un caprone, fetido anche se viene da Atene! E non vi approvo quando v’applicate in pubblico misture di midollo di cerva o vi fregate davanti a tutti i denti. Queste cure fanno belle, ma son brutte a vedersi. Spesso ciò che ci piace, piace quando è fatto, mentre si fa dispiace.” (Ovidio, Ars amatoria, 209-218).
Andiamo quindi a scoprire quali erano questi curiosi espedienti, immaginando anche qualche ipotetico dialogo tra partner.

LA CURA DELLA PELLE
Secondo quanto riportato in alcuni testi di Plinio il Vecchio giunti fino ai giorni nostri Poppea, la moglie di Nerone, era solita ammorbidire e levigare la pelle concedendosi quotidianamente un particolare e dispendioso bagno immersa nel latte di cinquecento asine che faceva portare ovunque lei andasse, una sorta di moderna crema idratante. Terminato il bagno, in aggiunta, per rendere ancora più elastica la pelle, le donne ricorrevano a pregiati unguenti orientali per rendere il corpo luminoso e soprattutto profumato,cercando di coprire l'odore di capra.“Che d’olezzo acre di capro non putisca mai la vostra ascella” ammonisce Ovidio nella sua Ars Amatoria.Non tutte potevano però permettersi un bagno privato in casa, ma la società dell'antica Roma rispondeva anche alle esigenze delle donne meno abbienti mettendo a disposizione bagni pubblici e terme dotate di ogni comfort.
Ma non finisce qui! Possiamo immaginare come espressioni quali “Che d’ispidi peli pungenti non sia mai la vostra gamba”! fossero all'ordine del giorno da parte degli esigenti mariti dell'epoca.Ebbene si, parliamo di ceretta e i gusti dei Romani,anche qui, sembrano sorprendentemente moderni. Alcune fonti ci suggeriscono come ascelle e gambe venissero depilate tramite della cera d’api riscaldata oppure con una crema depilatoria a base di pece greca disciolta in olio con resine e sostanze caustiche; per le più coraggiose invece c’erano le pinzette, ma non c'è sicuramente bisogno di spiegare quanto dovesse essere doloroso...

IL MAKE-UP!
Leggendo quanta attenzione le signore romane impiegassero nella cura della propria pelle non ci sorprenderà scoprire come anche il make-up avesse la sua importanza.Sempre Ovidio infatti raccomandava di preparare la pelle con delle maschere di bellezza: diverse erano le ricette consigliate per ottenere intrugli, paragonabili agli odierni scrub, che schiarissero la pelle liberandola dalle imperfezioni e dalle rughe.In particolare di fondamentale importanza era proprio l'azione schiarente ottenuta applicando al viso una lozione di miele e biacca in quanto l'abbronzatura,soprattutto per le donne aristocratiche, non era ben vista perché caratteristica della classe operaia contadina che passava le giornate a lavorare sotto il sole per guadagnarsi da vivere.Ma il make up non finiva qui,sovente infatti si ricorreva anche a un po' di "blush",simile ai moderni fard,sugli zigomi con un tocco di ematite per far risultare il viso più vivo poiché il troppo pallore era antiestetico.

Come conclusione del mio racconto ho pensato di proporvi come testimonianza l'immagine di un quadro molto esplicativo rappresentante proprio una toeletta mattutina di una nobile signore dell'antica Roma: